giovedì 1 luglio 2010

made in Modna - l'aceto balsamico tradizionale

STORICITA’ DEI BALSAMICI
Le zone di produzione dell'aceto balsamico tradizionale di Modena erano e sono tuttora situate nelle province di Modena e Reggio Emilia, ad esclusione dei territori montani ed appenninici, dato che il microclima dei luoghi oltre i 300 metri di altezza non presenta le caratteristiche necessarie alla produzione di questo prodotto. Sono le zone dove per diversi secoli governarono i signori della Casa d'Este.

Si ipotizza una nascita casuale del balsamico; probabilmente un certo quantitativo di mosto cotto d'uva, la cosiddetta saba, il dolcificante utilizzato nella cucina modenese, fu dimenticato in un vaso casalingo e ritrovato solo dopo un po' di tempo quando già presentava segni di una avviata acetificazione.

E' di un certo Donizone, monaco benedettino vissuto fra l'undicesimo ed il dodicesimo secolo, la prima testimonianza scritta sul balsamico. Nella sua cronaca "Vita Mathildis", racconta come , in occasione di una sosta a Piacenza nell'anno 1046, il re e futuro imperatore Enrico III di Franconia, mandasse un suo messaggero al marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, (cito) "poiché voleva di quell'aceto che gli era stato lodato e che si faceva nella rocca di Canossa”. In questo racconto non è menzionata la parola "balsamico", ma abbiamo comunque la testimonianza di quanto già allora quell'aceto fosse considerato importante al punto di farne dono ad un imperatore che, pur venendo da così lontano, ne conosceva l'esistenza.

Il cronista ottocentesco modenese Antonio Vallisnieri riferisce come alla Corte estense venissero conservate botti di aceto già intorno al 1228, ai tempi di Obizzo II, signore di Ferrara, Modena e Reggio Emilia.

Un volume della Corte ducale del 1556 intitolato "La Grassa," riporta una scrupolosa classificazione dei tipi di aceto in base alle differenti possibilità di impiego. Da ciò deduciamo che alla corte estense si avevano le idee già molto chiare sulle diverse qualità di balsamico e che si destinasse solo quello migliore a persone di rango e per certe occasioni importanti.

Nel 1598 Modena diventò capitale del Ducato e a questo periodo risalgono documenti che attestano ancora più esplicitamente l'interessamento della Corte ducale al prodotto.

E' del 1597 una lettera del procuratore di corte Giovanni Francesco Vezzali diretta al fattore generale di corte signor Ercole Estense riguardante l'acquisto di mosti di trebbiano per le acetaie ducali. L'anno successivo il governatore ducale Giovanni Battista Contugo, in una lettera indirizzata alla Camera ducale avverte di aver trovato le uve idonee ad accomodare le acetaie. Il fatto che il duca fosse così attratto dal balsamico significa che, evidentemente, avesse modo di assaggiarne di maturo, quindi botti di aceto dovevano esistere a corte già da lungo tempo.

In base alle testimonianze scritte, troviamo citato per la prima volta il termine "balsamico" soltanto in un registro della cantina ducale del 1747; in questo si ordina il trasloco dell'aceto da una cantina segreta alla camera del prato, luogo storico per il balsamico, situata nel torrione ad ovest della facciata del palazzo ducale.

E' una consuetudine quella di fare dell'aceto balsamico dono prezioso alle persone di riguardo. Documenti e materiale epistolare ce lo confermano.

Dicevamo che il termine "balsamico" appare per la prima volta solo nel 1747, e tale termine deriva dalle proprietà medicinali inizialmente attribuite a questo particolare aceto. Vari documenti e la tradizione confermano questo aspetto dicotomico, cioè l'impiego dell'aceto balsamico, in campo medicinale prima e gastronomico poi.

Nel 1508, Lucrezia Borgia, dando alla luce in Ferrara il figlio Ercole II, ne sperimentò le proprietà terapeutiche proprio al momento del parto.

Durante la pestilenza del 1630, l'aceto servì come (cito) "preservativo al contagio" e contro "l'ammorbamento dell'aria"( preservarsi con abluzioni, con gargarismi, utilizzandolo come cordiale, come tonico, contro l'aria infetta lasciandone cadere alcune gocce sulle braci del camino). E diverse sono le prove che testimoniano l'uso del balsamico come rimedio alla
peste. Una per tutte, una lettera di certo signore Mongardino al conte Molza datata 4 settembre 1630, dove vengono dati appunto consigli e direttive sull'uso del balsamico.

Una conferma sulle proprietà curative nelle infiammazioni delle mucose ci è data da documenti riguardanti il duca di Modena Francesco IV (1779 - 1846) che viaggiava sempre con un cofanetto del prezioso liquido nella propria vettura, usato come conforto per sua cagionevole salute.
La tradizione popolare conferisce all'aceto balsamico ulteriori caratteristiche singolari; una sua virtù afrodisiaca. Virtù che sempre la tradizione vuole che fosse già validamente sperimentata da Isabella Gonzaga, mentre si narra più tardi che anche Giacomo Casanova ne conoscesse i magici effetti.

Col passare degli anni l'aceto balsamico rimase protagonista nella storia del Ducato di Modena, seguendolo nelle sue alterne fortune. Sempre il cronista Antonio Rovatti, in un suo manoscritto del 1796, descrive la vendita per conto della Repubblica Francese (cito) "dell'Aceto Balsamico dell'ex Duca custodito entro 36 barili di un quarto per caduna, nel terzo torrione del palazzo ex Ducale verso San Domenico", la già citata camera del prato, nella torre sul lato a ponente rivolta verso la Chiesa di San Domenico.
E' probabile che gli acquirenti, fossero tutti appartenenti ai ceti abbienti, quindi, forse, ancora oggi, può esservi rimasto del prezioso aceto anche se non è possibile identificarlo; infatti Napoleone fece cancellare dalle botti tutti gli stemmi esistenti e non abbiamo documenti che attestino i nuovi proprietari. Sappiamo per certo comunque che non tutto l'aceto del duca andò venduto in quell'occasione. Infatti il 2 settembre 1817 le grandi finestre della camera del prato vennero riaperte in concomitanza della visita del principe Metternich che ben conosceva il prezioso balsamico. Il duca infatti, durante le sue visite di lavoro a Vienna, aveva magnificato le qualità dell'aceto, ed ora il Cancelliere austriaco chiedeva di poterne assaggiare del migliore.

In quegli anni il commercio del Ducato era piuttosto trascurato, anche per la paura che il Duca aveva della intraprendenza della borghesia mercantile, per cui favoriva o la vecchia nobiltà (cioè i proprietari terrieri) o il popolo. Per questo la bilancia commerciale era in seria difficoltà, anche se si cominciava ad intravedere un qualche spiraglio di luce, per lo meno per quanto riguardava gli scambi con l'Impero Asburgico.

Sempre da Antonio Rovatti, in "Cronaca Modenese", apprendiamo che esisteva una "Lega Doganale Austro-Estense" riguardante i rapporti commerciali con il lombardo veneto; ebbene, nei rapporti commerciali con il lombardo veneto l'aceto balsamico compare in prima fila fra i prodotti esportati.

Dopo il plebiscito del 1860 i produttori modenesi non interposero molto tempo a riprendersi dai disagi che il grande cambiamento aveva prodotto e subito parteciparono ad importanti esposizioni in Italia ed all'estero.
1863 Esposizione agraria a Modena,
1872 Esposizione agricola industriale a Vignola,
1878 Esposizione internazionale a Parigi,
1888 Esposizione emiliana a Bologna,
1888 Esposizione vaticana a Roma.

Il 4 maggio 1859 si riaprirono di nuovo le finestre della Camera del Prato. Questa volta, dopo il plebiscito, giungevano a Modena il nuovo sovrano Vittorio Emanuele II e il primo ministro Camillo Benso conte di Cavour. Questa visita preludeva purtroppo alla fine delle famose acetaie del duca. Cavour ordinò infatti di trasferire le botti migliori nel castello di Moncalieri, dove, lontano dalla sua terra e dal suo clima il balsamico verrà lasciato in abbandono fino a morire.

È di questo stesso periodo la richiesta dell'enologo di Casale Monferrato Ottavio Ottavi, all'avvocato modenese Francesco Aggazzotti, esperto cultore, di chiarimenti per la conduzione di una acetaia. Aggazzotti risponderà con una lettera il cui contenuto, che descrive la procedura per la preparazione del balsamico, per i modenesi diventerà il "breviario" per la cura e la conduzione dell'acetaia.

PRODUZIONE DELL’ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA
L'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena matura nella quiete delle acetaie, attraverso la particolare tecnica dei travasi ed i molti anni di affinamento ed invecchiamento, per arrivare ad essere disponibile in due tipi, diversificati in base al periodo di invecchiamento: oltre dodici anni per il prodotto "classico" ed oltre i venticinque per quello "extra vecchio". La materia prima per ottenere l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, seguendo il disciplinare di produzione, è ottenuta dalle uve prodotte dai vitigni che tradizionalmente vengono coltivati nella provincia di Modena, principalmente uve Trebbiano e Lambrusche ma anche vitigni meno noti.

L'articolo 4 del decreto ministeriale del 5 aprile 1983 avverte che le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti, destinati alla produzione del mosto, devono essere quelle tradizionali della zona, e, comunque atte a conferire alle uve ed al mosto derivato, le specifiche caratteristiche. Le zone migliori sono quelle situate nella fascia ai piedi delle colline dell'Appennino modenese.

Tutto ciò che gli antichi avevano intuito attraverso l'esperienza è stato provato da studi successivi; cioè che la maturazione tardiva rende l'uva di Trebbiano adatta alla produzione di mosto per l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena a causa della sua alta concentrazione zuccherina e che le caratteristiche del terreno in cui prospera, (leggermente calcareo e ricco di macro e micro elementi), il clima in cui nasce, (di transizione fra quello mediterraneo e quello continentale) influenzano la composizione del mosto e l'attività dei microrganismi che agiscono sulla trasformazione acetica.

Le analisi effettuate dimostrano che il mosto di Trebbiano è particolarmente ricettivo all'insediamento di lieviti ed acetobatteri, ideale quindi alla produzione di aceti pregiati.

La procedura necessaria per ottenere l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena passa attraverso quattro fasi fondamentali: la raccolta dell'uva, la pigiatura, la cottura del mosto e l'invecchiamento. La raccolta dell'uva è effettuata in autunno quando il rapporto fra zucchero ed acidità totale è più elevato. La scelta dei grappoli si effettua in vigneti posti in zone salubri. La raccolta viene effettuata quasi sempre a mano, con ceste di vimini o cassette di legno, per garantire la perfetta integrità del grappolo prima della pigiatura. Uva adatta è anche il risultato di una adeguata potatura del vitigno nell'inverno antecedente la raccolta.

La pigiatura dell'uva, meccanica o manuale, deve comunque essere soffice. Gli antichi produttori, nella pigiatura a piedi nudi, solevano reggersi su due aste appoggiate sul terreno fuori dal tino per risultare più leggeri, oppure facevano eseguire la stessa operazione a bambini. Questo per ottenere un basso tenore di polifenoli, (cioè tannini, pigmenti coloranti eccetera, contenuti nelle parti solide del grappolo come le bucce, i vinaccioli, i raspi), che rallentano il processo di acetificazione. Il mosto deve poi essere filtrato e decantato, viene cioè separato da sostanze solide e da impurità, poi si deve procedere ad una defecazione con chiarificazioni e schiumature. In passato il filtraggio si otteneva attraverso sacchi di fibra naturale che trattenevano le impurità, oggi si impiegano anche altri materiali. Un buon mosto si ottiene dall'uso di uva ben matura, con un giusto rapporto fra valore zuccherino e acidità. Normalmente gli zuccheri sono controllati tramite il mostimetro di Babo, un densimetro graduato che permette di leggere direttamente la quantità di zuccheri nel mosto.
1 grado Babo corrisponde all'1 % di glucosio. Nelle zone della provincia di Modena il grado Babo del mosto d'uva Trebbiano si aggira normalmente sui 18 gradi.

La cottura del mosto deve avvenire quasi contemporaneamente alla pigiatura o al massimo nelle ventiquattro ore successive, al fine di evitare che inizi la fermentazione alcolica. Il mosto viene messo a freddo in un paiolo di rame o di acciaio inossidabile e viene cotto per diverse ore a fuoco diretto senza coperchi, fino a raggiungere una concentrazione variante fra il 30 ed il 70 %,(con mosto cotto ricco di zuccheri, da uva di buona annata in zona collinare è ottimale una riduzione del liquido del 50%). Normalmente la concentrazione ottimale è tale quando si riscontri una gradazione di circa 28/33 gradi Babo. Dopo avere fatto bollire il mosto per circa mezz'ora, la temperatura deve rimanere all'incirca di 80/90 gradi centigradi. Le alte temperature di bollitura per lungo tempo sono sconsigliate onde evitare la caramellizzazione degli zuccheri che, concentrandosi, potrebbero dare quel tipico sapore di bruciato. Con un colino o mestolo bucato è buona cosa schiumare le fecce che si formano in superficie. I flavandioli o leucoantociani , cioè pigmenti contenuti nel mosto, durante la bollitura in ambiente acido si trasformano in parte in antociani ,determinando la conseguente colorazione scura del liquido. Il contenuto zuccherino del mosto procura un alimento ricco ai zycosaccharomyceti che, a loro volta, produrranno un abbondante nutrimento agli acetobatteri, responsabili della trasformazione acetica. Il mosto cotto, dopo essere stato raffreddato in mastelli di legno o di acciaio inox, viene stivato in damigiane di vetro per diversi mesi, al fine di decantare fecce e mucillagini.

La fase dell'invecchiamento è forse la più delicata e personale, bisogna seguire scrupolosamente certe regole il più delle volte tramandate solo oralmente di generazione in generazione. Luogo ideale per l'acetaia è il sottotetto delle abitazioni essendo ventilato ed esposto alle temperature estreme tipiche della zona di produzione. Il caldo torrido dell'estate favorisce la maturazione e l'evaporazione del prodotto, il freddo gelido dell'inverno rallenta l'attività dei microrganismi e permette la decantazione e la limpidezza. Tendenza comune è quella di avere una serie di botti di legni diversi con capacità decrescente, nella botte grande si ha il prodotto giovane, nella piccola quello maturo. Generalmente si utilizzano batterie di vaselli con capacità decrescente circa del 20-30% l'una dall'altra. Ad esempio una batteria di 5 botti avrà: 60-50-40-30-20 litri di capacità. Oppure: 75-60-50-40-30-24-16-10 litri. Per quanto riguarda i legni l'orientamento generale è quello di mettere botti con legni teneri all'inizio, il che favorisce i processi di evaporazione ed acetificazione, legni duri nelle botti piccole per conservare in modo duraturo il prodotto invecchiato.

Una buona acetaia é sempre costruita da una batteria di botti (chiamate in dialetto vaselli) di dimensioni decrescenti. La botte madre è di rovere, da 60 litri, qui viene immesso il mosto cotto ogni anno, e una parte dell'aceto viene travasato in una botte più piccola da circa 50 litri in legno di castagno, dalla quale a sua volta viene prelevato aceto per inserirlo in una botte di ciliegio da 40 litri, da qui in una botticella in frassino da 30 litri, e infine viene rincalzata l'ultima botticella in gelso da 20 litri. Da quest'ultima botte viene raccolta ogni anno una piccola quantità (qualche litro) di aceto pronto per l'uso.

Tra i legni utilizzati a volte compare anche il ginepro e la robinia. Il travaso e il rincalzo delle botticelle viene generalmente eseguito in inverno, quando tutte le attività microbiologiche sono rallentate.

Per avviare una acetaia occorre avere un inoculo di microrganismi (zygosaccharomyceti e acetobatteri) che in genere vengono prelevati da batterie di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena in corso di maturazione.

Di anno in anno, in autunno si porterà a giusto livello il liquido della botte più piccola che è evaporato,col contenuto della botte precedente e così via fino ad arrivare alla prima botte, quella più grande che verrà rincalzata con l'aggiunta di mosto, cotto nell'autunno precedente.

Da questo momento il tempo gioca un ruolo importante per la qualità, le sostanze contenute nelle botti piccole evolvono lentamente affinando l'armonicità e le caratteristiche organolettiche del prodotto.

Con l'invecchiamento l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena in fase di maturazione assume caratteri di rotondità ed equilibrio tra sostanze fisse e volatili, aumentando la quantità di residui e di zuccheri, mantenendo un'acidità costante. Tra la fine di ottobre e la fine di marzo si è sicuri che l'attività fermentativa è ferma; questo è il periodo adatto per effettuare i travasi e i rincalzi (annuali). Travaso significa il passaggio del liquido da una botte di maggior capacità all'altra più piccola; rincalzo significa il livellamento di una botte.Le due operazioni sono strettamente collegate, tranne che nella botte più grande dove si effettuerà solo il rincalzo con il mosto cotto.

E' importante controllare lo stato di salute delle botti. Grazie al foro rettangolare posto al di sopra dei vaselli, il cocchiume, si effettua l'esame olfattivo per sentire eventuali anomalie, quindi il controllo visivo della superficie del liquido e della botte per scoprire l'eventuale presenza di madri galleggianti , muffe o altri difetti, dovuti allo sviluppo di microrganismi aerobi. Ultimo esame è quello gustativo, che si effettua in tutte le botti. Sull'apertura delle botti, per motivi igienici è buona norma mettere una garza a trama fitta ben pulita. Nelle vecchie acetaie, al posto della garza, è ancora possibile vedere sul cocchiume il caratteristico sasso di fiume che, oltre a chiudere e proteggere l'apertura della botte, intaccato e corrotto dalle esalazioni del prodotto in fase di maturazione, lascia cadere dei pezzetti di materiale calcareo che tamponano gli eccessi di acidità (la tradizione vuole che il sasso provenga dal fiume Panaro).

Al termine del periodo di invecchiamento, che può essere dai 12 ai 25 anni e più, l’aceto viene imbottigliato e la sua qualità viene poi valutata da esperti degustatori a sancire il conferimento della DOP.
Il prodotto, completato il rigoroso ciclo di stagionatura ed affinamento che deve avere luogo nella zona di origine delimitata, per salvaguardare la qualità ed assicurare sia la rintracciabilità che il controllo, dovrà essere confezionato secondo gli usi locali leali e costanti in contenitori di vetro cristallino da 100 ml. La “capsula bianca” contiene l’aceto invecchiato almeno 12 anni, la “capsula oro” contiene invece l’aceto extra vecchio con almeno 25 anni di invecchiamento.

Sulle confezioni devono comparire i seguenti elementi esplicativi:
Elenco degli ingredienti in ordine decrescente di importanza;
Nome dell’azienda produttrice e/o distributrice;
Numero di autorizzazione alla produzione (licenza A.P.I.);
Data di scadenza.

LEGISLAZIONE: RICONOSCIMENTO DOP E DISCIPLINARE
Per quanto riguarda la legislazione in materia di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena possiamo dire che l'aceto facente riferimento al nome geografico "Modena", per lungo tempo, non essendo soggetto ad alcuna norma codificante di tipo legislativo, è stato prodotto in modo difforme ed anche secondo le libere interpretazioni di ciascuno in merito alla autenticità della tradizione.

Soltanto nel 1965, nel Decreto del Presidente della Repubblica 162, all'articolo 46, troviamo per la prima volta il termine "Modena", inserito evidentemente per indicare le caratteristiche di tipo merceologico che l'aceto degno di tale nome avrebbe dovuto avere.

Nel Decreto Ministeriale 3 dicembre 1965 del Ministero dell'Agricoltura e Ministero della Sanità, tali caratteristiche sono specificate assieme alle norme tecniche di produzione. A quel tempo, non essendo ancora radicata nei produttori la concezione di denominazione d'origine, non si pensò che la fissazione delle sole tecniche produttive sarebbe stata insufficiente a difendere il prodotto da imitazioni.

Si dovrà aspettare il Decreto 5 aprile 1983, nel quale il prodotto è definito non solo sotto il profilo merceologico, ma anche dal punto di vista della difesa della denominazione "Modena". E' sancito cioè il principio secondo il quale l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena deve essere prodotto a Modena e Reggio Emilia con materie prime provenienti dal modenese. Sono fissati i parametri tecnici di produzione.

Con la Legge 3 aprile 1986 n.93 l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena viene classificato nell'ambito dei condimenti. La stessa stabilisce pure che specifici decreti avrebbero regolamentato le denominazioni di origine riferite agli Aceti Balsamici Tradizionali prodotti rispettivamente a Modena e a Reggio Emilia. (Decreto del Ministero dell'Agricoltura e Foreste 9 febbraio 1987, Decreto del Ministero dell'Agricoltura e Foreste 3 marzo 1987).

Nel 2000 è stato riconosciuto come prodotto a denominazione di origine protetta DOP.

DISCIPLINARE: - Aceto balsamico tradizionale di Modena -

Denominazione: la denominazione di origine protetta - Aceto balsamico tradizionale di Modena - è riservata al prodotto che risponda alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

1.Base ampelografica: L' Aceto balsamico tradizionale di Modena deve essere ottenuto da mosti di uve provenienti dai vigneti composti in tutto o in parte dai seguenti vitigni:
Lambrusco (tutte le varietà e cloni);
Ancellotta;
Trebbiano;
Sauvignon;
Sgavetta;
Berzemino;
Occhio di Gatta;
Il prodotto di cui all'art.1 può, altresì, essere ottenuto dalle uve dei vigneti iscritti alle DOC in provincia di Modena.

2.Zona di produzione: Le uve destinate alla produzione dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena devono essere prodotte nel territorio tradizionale della provincia di Modena.

3.Caratteristiche della materia prima: Le uve destinate alla produzione dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena devono assicurare al mosto un titolo di almeno 15 gradi saccarometrici e la produzione massima di uva per ettaro di vigneto, in coltura specializzata, non potrà superare i 160 quintali.

4.Metodo di elaborazione: I mosti freschi destinati alla produzione dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena possono essere sottoposti ad un processo di decantazione e refrigerazione purché non si provochi il congelamento della parte acquosa.
E' vietata l'utilizzazione di mosti muti e/o mosti addizionati di qualsiasi additivo e sostanza. E' vietata l'aggiunta di qualsiasi sostanza non prevista nel presente disciplinare. Il prodotto che, a giudizio del detentore ha acquisito le caratteristiche minime previste dal presente disciplinare per l'immissione al consumo, è sottoposto ad esame analitico ed organolettico

5.Caratteristiche al consumo: L'Aceto balsamico tradizionale di Modena, all'atto dell'immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
colore: bruno scuro, carico e lucente;
densità: apprezzabile in una corretta, scorrevole sciropposità;
profumo: bouquet caratteristico, fragrante, complesso ma bene amalgamato, penetrante e persistente, di evidente ma gradevole e armonica acidità;
sapore: caratteristico del balsamico, così come attraverso i secoli è stato consacrato dalla tradizione in immutabile continuità, dolce e agro e ben equilibrato con apprezzabile acidità con lieve tangente di aromaticità ottenuta per l'influenza dei vari legni usati dei vaselli di acetaia, vivo, franco, pieno, velluttato, intenso e persistente, in buona sintonia con i caratteri olfattivi che gli sono propri;
acidità totale: non inferiore a 4,5 gradi ( espressa in grammi di acido acetico per 100 grammi di prodotto); densità a 20° C: non inferiore a 1,240.
L'accertamento delle caratteristiche analitiche ed organolettiche della denominazione è effettuato, su richiesta degli interessati, su tutte le partite prima dell'immissione al consumo

6.Esami analitici, sensoriali ed imbottigliamento: Il superamento dell'esame analitico e sensoriale è condizione vincolante per poter commercializzare il prodotto con la denominazione prevista all'articolo 1. L'imbottigliamento del prodotto giudicato idoneo a seguito dell'espletamento della procedura di cui al presente articolo, avviene nell'ambito del territorio amministrativo della provincia di Modena. I contenitori in cui è confezionato l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena debbono essere unici nella forma, in grado di assicurare la conservazione della qualità ed il prestigio del prodotto stesso e devono rispondere alle misure e caratteristiche tecniche qui di seguito elencate: forma: sferica con base rettangolare in vetro massiccio; composizione: in vetro di colore bianco cristallino; capacità: cl 10 o cl 20, o cl 40. La forma artistica del contenitore è opera del designer Giugiaro. Ad imbottigliamento effettuato, l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena deve essere corredato di un contrassegno non riutilizzabile, a serie numerata, apposto sul contenitore in modo tale che il contenuto non possa essere estratto senza la rottura del contrassegno stesso.

7.Designazione e presentazione: La designazione in etichetta della denominazione Aceto Balsamico Tradizionale di Modena deve essere fatta in caratteri chiari, indelebili e della stessa dimensione e colorimetria e sufficientemente grandi da essere distinti da ogni altra indicazione che compare in etichetta. La designazione della denominazione di cui all'art. 1 deve essere immediatamente seguita dalla dizione "denominazione di origine protetta" scritta per esteso ed in caratteri di dimensione non inferiore a 3/4 di quelli utilizzati per la designazione della denominazione. In etichetta, potrà, altresì, comparire anche per esteso e nella lingua del Paese di destinazione la sigla comunitaria "denominazione di origine protetta" o "DOP". Alla denominazione di cui all'art. 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quella espressamente prevista nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi "extra", "fine", "scelto", "selezionato", "riserva", "superiore", "classico" o similari. La locuzione "tradizionale" può essere ripetuta in etichetta, nel medesimo campo visivo in cui è indicata la denominazione, in caratteri non superiori al triplo di quelli utilizzati per indicare la denominazione. E' vietato per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena indicare ogni riferimento all'annata di produzione; è consentita la citazione "extra vecchio" per il prodotto che abbia avuto un invecchiamento non inferiore ai 25 anni. Eventuali indicazioni al consumatore relative alla modalità di elaborazione ed alla collocazione gastronomica del prodotto devono figurare in una controetichetta o pendaglio o in una parte nettamente separata dall'etichetta principale e devono essere tali da non indurre il consumatore in errore su una qualità particolare, sulla metodologia di produzione o sul reale invecchiamento del prodotto. Le norme di designazione e presentazione di cui al presente articolo non sono sostitutive di quelle previste dalle vigenti norme comunitarie e nazionali in materia di etichettatura dei prodotti alimentari.
Legame geografico: E' il frutto della trasformazione lenta di un unico prodotto di partenza: il mosto ottenuto da uve provenienti da vitigni tradizionalmente coltivati nella provincia di Modena e cotto a fuoco diretto. La sua maturazione nei lunghi anni di invecchiamento (almeno 12) avviene senza l'aggiunta di sostanze diverse dal mosto cotto e senza interventi fisici o chimici di alcun tipo. Fra i prodotti alimentari più tipici e caratteristici del comprensorio modenese, l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena riveste grandissima importanza per le sue caratteristiche, che unite alla modesta produzione, risultano essere gli elementi che ne stabiliscono il pregio ed il prestigio in campo nazionale e internazionale. Lo stretto legame tra il prodotto e i fattori climatici e pedologici del territorio interessato trova conferma e sostegno nel divieto di tecniche di invecchiamento accelerato e/o artificiale, comprese quelle che si basano sulle variazioni indotte delle condizioni di temperatura, umidità e ventilazione delle acetaie. La circostanza che la materia prima proviene esclusivamente da vigneti ricadenti nella provincia di Modena, utilizzati per produrre V.Q.P.R.D., rende di fatto irriproducibile, al di fuori della zona dettagliatamente prevista, le caratteristiche dell'Aceto balsamico tradizionale di Modena.
Organizzazione richiedente:
nome: consorzio tra produttori di aceto balsamico tradizionale di Modena; indirizzo: sede legale c/o C.C.I.A.A. - Via Ganaceto, 134 - 41100 Modena, sede tecnica corso Cavour, 60 - 41100 Modena; tel. 059/336981 - fax 059/242566

DALLE SUGGESTIONI DEL PASSATO AI METODI DI OGGI
Fino alla metà del XIX secolo non esisteva un modo unico di produrre il balsamico. Ce n’erano tanti, forse addirittura uno per famiglia, ricavato da una ricetta, o da più varianti tenute segrete, tramandate al suo interno, di madre in figlia. Mosto crudo o cotto, aceto di vino o solo vino venivano aggiunti in misura variabile a discrezione del produttore, che si riservava di correggere il contenuto delle sue botticelle con aromi, caramello, vegetali, chiodi di garofano… Variava anche il periodo di invecchiamento, anche se gli aceti tenuti a maturare lungo sono sempre stati considerati i più pregiati. Da quella molteplicità sono derivati i tre prodotti di oggi.

ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA:
il metodo di produzione descritto da Francesco Agazzotti nella seconda metà dell’Ottocento è tutt’oggi il riferimento che regola la produzione dell’aceto balsamico tradizionale di Modena, composto esclusivamente di mosto cotto, invecchiato in vaselli di legno per un periodo mai inferiore ai 12 anni, controllato periodicamente, mantenuto a livelli costanti dentro le botticelle mediante travasi e rincalzi della parte evaporata, via via col mosto cotto più giovane. Il prodotto che ne deriva è un condimento pregiato, dal valore e dal costo elevati, immesso sul mercato in quantità limitate e per un consumo di alto, altissimo livello.
Come già detto, il processo di creazione del tradizionale di Modena è regolato dal disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Protetta del 15 maggio 2000 e preceduto da atti normativi nazionali del 1983, 1986 e 1987.

ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI REGGIO EMILIA
L’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia si ottiene tramite fermentazione alcolica e biossidazione acetica di solo mosto cotto, con un metodo in tutto simile a quello seguito per produrre il “gemello” modenese, ma utilizzando esclusivamente uve provenienti da vigneti della provincia. Anche la lavorazione, l’affinamento e l’invecchiamento devono avvenire soltanto all’interno dello stesso ambito territoriale. Dopo la vendemmia, dai grappoli si ottiene, per pigiatura, il mosto fresco, destinato alla cottura in caldaie. Il procedimento porta una sensibile riduzione del liquido ed una progressiva concentrazione, fino a 28-36° zuccherini. Il mosto così ottenuto viene raffreddato e lasciato decantare in damigiane per tutto l’inverno. Nella successiva primavera inizia la fermentazione alcolica e poi l’ossidazione acetica, all’interno di vaselli di legno, che nel reggiano venivano realizzati con una forma più allungata rispetto a quelli modenesi.
La produzione complessiva della provincia di Reggio Emilia è quantitativamente più risotto rispetto a quella modenese, ma qualitativamente eccellente e profondamente radicata nella cultura e ne patrimonio di civiltà della zona.
Il prodotto finito viene analizzato dai membri di controllo della DOP ed imbottigliato in bottiglie da 100 ml, a forma di tulipano capovolto. Sulle bottiglie, viene apposto il marchio del Consorzio di tutela unitamente a uno dei tre diversi bollini introdotti per distinguere le caratteristiche ed i tempi di invecchiamento del prodotto: “aragosta” (il più giovane, ancora ricco di acidità e di profumi più decisi), “argento” (prodotto di medio invecchiamento di cui si apprezza di più il profumo e la dolcezza) e infine “oro” (ancora più aromatico e ricco di sensazioni che solo il trascorre re del tempo può conferire.

ACETO BALSAMICO DI MODENA
È l’erede commerciale delle preparazioni più diffuse nella civiltà contadina, che univano sàba (mosto cotto) e aceto di vino, in proporzioni variabili, e che poi venivano lasciate ad invecchiare ed affinare in tini e botti di legno.
Oggi, come allora, ne deriva un prodotto gradevole, di acidità limitata e di costo contenuto, ma anche estremamente variabile nelle caratteristiche.
Poiché è meno scuro del condimento tradizionale ottenuto in botti, per effetto dell’aggiunta di aceto di vino, si è instaurata la pratica di aggiungere caramello in modo da renderlo più vicino ai canoni di gradevolezza della zona. Dal marzo 1933 il Ministero dell’Agricoltura ha autorizzato l’uso del caramello come colorante naturale.
L’aceto balsamico di Modena è in attesa di essere riconosciuto come prodotto ad Indicazione Geografica Protetta (IGP), così nel 2004 è stato emanato un decreto ministeriale che stabilisce le norme di produzione. L’aceto balsamico di Modena è il prodotto ottenuto da mosti d’uva, eventualmente sottoposti a parziale fermentazione o concentrati anche a fuoco diretto, con l’aggiunta di un’aliquota di aceto vecchio di almeno 10 anni e con l’aggiunta di aceto di vino. La percentuale di mosto d’uva cotto e/o concentrato non deve mai essere inferiore al 20%. Il regolamento precisa poi che le operazioni di elaborazione e di invecchiamento devono avvenire nelle province di Modena e di Reggio Emilia. Piccole aggiunte di caramello, fino ad un massimo del 2% del volume del prodotto finito, sono consentite per definire il colore del prodotto. È vietata, invece, l’aggiunta di altre sostanze. L’elaborazione deve avvenire in recipienti di legno per un periodo minimo di due mesi. La denominazione invecchiato è riservata al prodotto lasciato affinare in botti per oltre 3 anni. Le modalità previste per la confezione sono: la bottiglia di capacità minima è di 250 ml, ma è consentito l’utilizzo di altri contenitori per la vendita ai canali professionali e alla ristorazione.

I tre prodotti sono diversi per aromi finali, invecchiamento, prezzo, confezioni ed etichette, ambizioni di mercato: i due tradizionali sono alimenti di pregio e di nicchia, destinati a raffinati intenditori, mentre l’aceto balsamico di modena è adatto ad un consumo largo, più dinamico. Tutti però sono figli della stessa tradizione contadina, dell’amore per il vivere bene e, soprattutto, dello stesso attaccamento alle terre del cuore della pianura padana, che con il loro prodotti hanno contribuito a creare il benessere diffuso di oggi.

PREZZI E QUALITA’ A CONFRONTO
Il tradizionale è così definito perché ha una lunga storia, con procedure delicate e complesse, di botte in botte, che comunicano sfumature di sapori e profumi diversi. Le batterie storiche da cui viene prelevato sono poche migliaia in tutto; la loro produzione è destinata a tavole raffinate, a collezionisti, ad appassionati, alla realizzazione di ricette particolari. Il prezzo, compreso, indicativamente, tra i 600 e i 2000 euro al litro, ne fa un condimento del tutto esclusivo. Per quanto riguarda l’aceto balsamico non tradizionale, invece, la produzione complessiva supera i 50 milioni di litri l’anno, dei quali il 75% viene esportato, a prezzi relativamente contenuti: tra i 5 e i 50 euro al litro.

La commercializzazione del balsamico legata alla diffusione della gastronomia e della ristorazione made in italy, ha raggiunto ormai una dimensione internazionale, riscuotendo successi di diffusione in Giappone, Australia, Stati Uniti, oltre che in tutta l’Europa.

I traguardi raggiunti sul mercato sono dovuti anche agli sforzi compiuti in questi anni per migliorare il prodotto e per consentire ai consumatori di identificarne più facilmente le caratteristiche, la qualità ed i tempi di invecchiamento. Va in questa direzione l’attività dell’AIB, assaggiatori italiani balsamico, un’associazione che lavora all’analisi organolettica, all’affinamento dei gusti e degli aromi e alla definizione di parametri di qualità che consentano di distinguere le diverse le diverse categorie qualitative, nell’ampio ventaglio degli aceti balsamici di Modena proposti al consumatore.

EVOLUZIONE DEI CONSUMI E COMPETIZIONE NEI MERCATI DI RIFERIMENTO Necessario e fondamentale per poter comprendere le notizie date è sottolineare che i mercati dell’aceto balsamico di Modena e quelli dell’aceto balsamico tradizionale di Modena sono molto diversi in termini di quantità, qualità, target, ecc…

I consumi di aceto sono stabili dal punto di vista delle quantità annue. Nonostante il mercato sia maturo, attraversa in questo momento un periodo brillante dal punto di vista della crescita dei consumi in valore. Merito soprattutto dell'accelerazione delle vendite di aceto balsamico (consumo procapite: 1,5 litri anno), che da prodotto semisconosciuto sta guadagnando notorietà e vendite sempre maggiori, anche sui mercati internazionali; conseguenza di questa grande crescita portata dalla commercializzazione di massa è quindi la messa in luce del parente più nobile di questo prodotto: il balsamico tradizionale.

Il successo di entrambi è dovuto a diversi fattori: in primo luogo, gli investimenti pubblicitari di Ponti, che hanno tolto i prodotti dall'ambito super locale (le provincie di Modena e Reggio Emilia) e li hanno portati a conoscenza di larghe fasce del consumo; in secondo luogo, la generale riscoperta dei "giacimenti gastronomici" italiani, con una crescente attenzione verso quei prodotti (cui l'aceto balsamico di Modena appartiene pienamente) che fanno riferimento a una tradizione di alta qualità e genuinità alimentare.

Dall'aceto balsamico di Modena, il cui costo al litro è già in media relativamente elevato, va però distinto l'aceto balsamico di Modena tradizionale, prodotto e invecchiato secondo criteri di antica tradizione artigianale, dal costo pressoché proibitivo per il massmarket (mercato di massa).

Il mercato dell'aceto balsamico è fortemente concentrato: Ponti copre da solo nel canale iper + super ben oltre la metà dei consumi in volume. Marchi dalle non trascurabili quote di mercato, dietro Fini e Monari Federzoni.
Nel segmento dell'aceto balsamico tradizionale, oltre a Ponti, dispongono di significative quote di mercato nel libero servizio Acetum lo troviamo ai vertici di settore, con una produzione che rappresenta oltre il 20% dell'intera produzione del Consorzio Aceto Balsamico di Modena, Monari Federzoni, Modenaceti, Fini e Grosoli.

Le marche commerciali, aggressive dal punto di vista del prezzo di vendita, coprono nell'aceto classico all'interno del canale iper+super una quota in volume intorno al 19%, mentre sono ai minimi termini, ancorché in crescita, nell'aceto balsamico.
Risalgono all'inizio degli anni Settanta le prime esportazioni di Aceto Balsamico di Modena negli Usa, quando il prodotto non era nemmeno conosciuto dai consumatori del nostro Paese, fatta salva naturalmente la zona di produzione. Da quell'epoca, anche grazie agli sforzi commerciali dei produttori locali, l'aceto balsamico di Modena ha conquistato spazi di mercato via via crescenti e si è imposto alla attenzione dei consumatori di quasi tutto il mondo.

TRADIZIONE ED INNOVAZIONE
Alla base del successo commerciale dell’aceto balsamico di Modena sta la cura per la qualità del prodotto: tutta la produzione viene effettuata secondo antiche ricette, e con il controllo di un moderno laboratorio interno che ne garantisce la costanza e la sicurezza. Uno studio e una ricerca incessante sulle materie prime e sui metodi di lavorazione cerca di ottenere qualità sempre più elevate e di maggior soddisfazione che ne esaltino il profilo qualitativo, sensoriale e chimico-fisico.
Un prodotto così apprezzato corre il rischio di imitazioni poco pregevoli. Per distinguere gli aceti balsamici di qualità da quelli meno pregiati, l’Istituto per lo studio delle macromolecole del Cnr (consiglio nazionale delle ricerche), ha recentemente sperimentato la risonanza magnetica nucleare (nmr), con la quale si possono valutare alcune caratteristiche fondamentali del prodotto, tra cui, per l’aceto balsamico,l’invecchiamento.
Un elevato livello di servizio al Cliente, riconosciuto alle aziende del consorzio dell’aceto balsamico di Modena anche dalla regione Emilia Romagna con un premio nel 2002.
La maggior parte della produzione delle aziende produttrici di aceto balsamico di Modena viene esportata (77% circa) in 40 Paesi nel mondo. Da sottolineare, a questo proposito, che all'estero il Consorzio ha sviluppato stretti rapporti con alcune importanti Gruppi della Grande Distribuzione, maturando positive esperienze anche come fornitore di private labels.
Il Consorzio Aceto Balsamico di Modena, riunisce 17 tra le maggiori aziende del comparto e aderisce al prestigioso U.S. Vinegar Institute statunitense.

ISTITUZIONI A TUTELA DELL’ACETO BALSAMICO

CONSORZI

ABTM
L'ABTM rappresenta uno dei due consorzi dei produttori di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, (l'altro è il TABTM). Il suo ruolo storicamente è quello di regolare la correttezza e veridicità delle proprietà del balsamico tradizionale immesso al consumo. Premesso inoltre che del balsamico tradizionale è soltanto da relativamente pochi anni che se ne fa commercio, il consorzio ABTM rappresenta uno sforzo intelligente e duraturo teso a garantire il consumatore ed al tempo stesso il produttore, sul fatto che il balsamico immesso al consumo come" Tradizionale" sia realmente tale. Infatti caposaldo dell'attività del consorzio è l'accertamento da parte di una commissione d'assaggio delle caratteristiche minime riconducibili alle effettive proprietà del Balsamico. In questo modo ogni produttore associato vede il proprio balsamico imbottigliato direttamente dal consorzio in bottigliette standard, quelle disegnate da Giugiaro, a forma d'ampolla, solo dopo che lo stesso consorzio attraverso la sua commissione d'assaggio abbia accertato l'idoneità del prodotto. Il consorzio in sintesi certifica il livello dell'aceto in modo tale che solo se è dichiarato idoneo esso possa essere imbottigliato secondo le due classificazioni previste: il capsula bianca per il 12 anni minimi di maturazione e il capsula oro per l'extravecchio oltre i 25 anni minimi di maturazione. Naturalmente un balsamico centenario verrà imbottigliato dal consorzio sempre come un extravecchio cioè come capsula oro, questo perché si ritiene fondamentale in primo luogo determinarne l'ortodossia lasciando libero il produttore di riservare prezzi differenti a seconda dell'invecchiamento dopo che il consorzio ha certificato che l'aceto balsamico tradizionale preso in esame ha comunque i requisiti minimi richiesti. Il ruolo del consorzio non si limita a questa funzione d'esame organolettico ma estende il suo controllo sulle modalità di preparazione in acetaia del balsamico, marchiando i barili e prestando costantemente attenzione alla correttezza degli ingredienti e delle procedure.

TABTM
Il Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena raggruppa intorno a se diversi importanti produttori di aceto balsamico tradizionale, percorrendo in piena autonomia, un proprio percorso di valorizzazione e tutela del prodotto in sinergia e condivisione con gli altri enti che proteggono le diverse tipologie di balsamico. Fin dalla sua recente costituzione si è posto come obbiettivo la garanzia della rintracciabilità dei diversi passaggi che, partendo dalle materie prime, l'uva, e attraverso la cottura dei mosti e la stagionatura, questo balsamico della tradizione necessita. In questo modo esso oltre che tutelare efficacemente la continuità della qualità del prodotto, ne certifica la sua autenticità in modo assolutamente limpido e verificabile, consentendo una tracciabilità che è la miglior garanzia per il consumatore sempre più attento ed esigente.

CPABM
Il Consorzio dei Produttori di Aceto Balsamico di Modena è stato istituito per promuovere tutelare e regolare la produzione di questo specifico Balsamico. Come più volte ricordato, l'Aceto Balsamico di Modena si differenzia sostanzialmente dal "Tradizionale" per la profonda differenza tra i sistemi di produzione, di stagionatura e di concentrazione del mosto utilizzato. La messa a punto di disciplinari specifici per la produzione di questo balsamico, non ha esaurito le istanze di tutto un ampio indotto territoriale tutelato da questo Consorzio. Un polo produttivo alimentare che cerca di darsi un'identità specifica e autonoma nel rispetto di un'esistente e consolidata storia, la quale vede già da tempo questo stesso Balsamico come sorta di ambasciatore su vasta scala del fenomeno complessivo di questa tipologia acetica. Infatti proprio il balsamico di Modena è il balsamico più conosciuto e consumato nel mondo, dal momento che i costi di realizzazione e stagionatura risultano sensibilmente più praticabili rispetto a quelli del Tradizionale. L'effetto trainate che avrà questo prodotto su tutte le tipologie dei Balsamici avrà, grazie anche a questa istituzione, una valenza assolutamente importante e per certi aspetti indispensabile.

CONSORTERIA
La Consorteria nasce a Spilamberto nel 1969 con, tra le altre finalità, quella di promuovere e di codificare in modo inequivocabile il balsamico della tradizione così come nel corso dei secoli ci è stato tramandato. La necessità nasceva dal fatto che dell'aceto balsamico tradizionale non si faceva commercio e che quindi ogni singolo conduttore di acetaia lo produceva per l'esclusivo uso personale, ricorrendo a volte a personalissime interpretazioni dei procedimenti necessari a seconda dei gusti individuali. Con la nascita della consorteria ci si pone da subito diversi obbiettivi fondamentali:
a) Codificare il procedimento originale per la produzione in purezza dell'aceto balsamico tradizionale attraverso una seria ricerca storica;
b) promuovere un sodalizio che ravvivi la tradizione attraverso l'istituzione di un palio tra i soci, il quale determini, attraverso rigorosi assaggi, un aceto balsamico sopra ogni altro, c) formare una classe di conduttori di acetaia conforme alla tradizione e alle scrupolose regole di ottenimento del prezioso liquido, d) formare gli assaggiatori che dovranno garantire la continuità della tradizione, e) promuovere in ogni occasione e in ogni sede la conoscenza e la continuità dell'aceto balsamico tradizionale di Modena. Oggi la Consorteria è una realtà in continua espansione come l'oltre migliaio di campioni presentati all'ultimo palio dimostra. La sua opera riconosciuta da enti ed associazioni pubbliche la colloca tra i più importanti e meritori sodalizi del nostro territorio estendendo la sua fama anche al di fuori dei confini locali, per arrivare ad avere eco in ogni luogo ove si coltivi l'amore per la tradizione di questo elemento unico nella cucina mondiale

L’ASSAGGIO
Premettiamo per chiarezza che l’assaggio dell’aceto balsamico di solito si effettua principalmente in acetaia.
Chi assaggia l’aceto, in qualsiasi veste, comunque è anche un po’ giudice, e deve essere preparato:
corsi per assaggiatori di balsamico, vengono regolarmente organizzati, a cura per lo più, della consorteria di Spilamberto.
Questi sono fondamentali per l’avvio di un assaggiatore in quanto solo la pratica dell’assaggio di diversi aceti, consente di avere dei termini di paragone.
Per quantificare con la dovuta precisione e la dovuta sintesi, la bontà di un aceto balsamico, è stata messa a punto dalla consorteria dell’aceto balsamico una scheda di valutazione nella quale si dà un voto espresso in numeri ad ogni particolare caratteristica dell’aceto; la somma di questi voti dà il risultato finale, a questo viene unito un giudizio complementare espresso in lettere, il massimo ottenibile ammonta a 400 punti.
Si è voluto accennare dell’assaggio, tentando di descrivere le linee guida, del metodo usato dagli esperti maestri della consorteria e del consorzio, metodo da seguire fedelmente, unitamente all’esperienza, affinando le nostre doti, migliorando la nostra capacità di analisi e di giudizio.

RICETTE

A cundir l’insaléda a gh vòl quatèr amm: un giudizios ch’el al sela, un strusiòun ch’al gh màtta l’òli, un avèr ch’al gh màtta l’asè e un mat ch’al masda.
Per condire l’isalata ci vogliono quattro persone: uno giudizioso che Sali, uno sciupone che metta l’olio, un avaro che metta l’aceto ed un matto che mescoli. Attraverso questa specie di rappresentazione teatrale si forniscono le istruzioni per il perfetto condimento dell’insalata.

INDIVIDUALITA’ DEI BALSAMICI
Prodotto completamente naturale, il balsamico tradizionale mantiene un’assoluta individualità e può presentare caratteristiche diverse a seconda delle uve utilizzate per produrre i mosti di partenza, dei legni usati per la fabbricazione delle botti in cui è stato invecchiato, dei tempi di maturazione e delle condizioni atmosferiche esterne. Può essere più aspro o più rotondo, più o meno aromatico, più denso o più fluido, più sapido o più morbido, più fruttato o più pungente… va assaggiato di volta in volta, valutato, gustato di per sé e in relazione con gli altri ingredienti che si vogliono usare nella preparazione di un piatto. La ricchezza gastronomica dei balsamici, la loro preponderanza si può paragonare a quella di altri prodotti che hanno fatto e fanno la cultura del mangiar bene: il tartufo, i fegato d’oca, il culatello, il parmigiano reggiano… veri protagonisti che non ammettono sovrapposizioni ai loro sapori, danno il meglio con altri gusti netti, con ingredienti semplici, corposi e genuini, che riescono a creare un gioco di sapori definiti, che si alternano e si contrappongono esaltandosi a vicenda.
Come spesso accade, gli esperti si dividono sull’utilizzo in cucina dell’aceto balsamico. In generale, quello di Modena va bene su ogni tipo di insalata e sulle verdure crude, e su questo sono d’accordo tutti. Ma c’è chi lo adopera sulle verdure cotte, sulle carni lessate e sulle uova, ancora calde. Più audace aggiungerne qualche goccia alla pastasciutta, al risotto e agli arrosti, ma sempre solo sul piatto pronto. Per il tradizionale, la fine ideale è sulle scaglie di parmigiano, ma si può poi versare qualche goccia sulle fragole, sul gelato di crema, e tentare gli abbinamenti secondo il gusto personale, provandoli sulle frittate, sui vari frutti e sui dolci. Qualcuno li apprezza anche sui formaggi. Un modo particolare di degustare l’aceto balsamico tradizionale è a fine pasto, in piccolissime quantità (ne basta un cucchiaino come digestivo, quasi fosse un liquore).
Prima di introdurre le ricette che abbiamo scelto di presentarvi, vorremo fare una piccola nota di carattere gastronomico: un’accortezza importante, durante la preparazione di piatti caldi, consiste nell’aggiungere l’aceto balsamico, specie se usato puro, nella fase finale della preparazione, cioè quando la vivanda non è più sotto l’influenza di fonti di calore, in modo che questa trasmetta al meglio i suoi sapori e profumi tipici e non venga snervata eccessivamente dalle trasformazioni chimiche che subisce col riscaldamento.

1) Sformatino di riso al balsamico
(per 4 persone)
360 gr di riso a lunga tenuta di cottura,
½ lt di brodo,
40 gr di parmigiano reggiano,
60 gr di burro o margarina,
400 gr di asparagi,
1 dl di panna fresca,
q.b. sale,
20 gr aceto balsamico tradizionale
Mondate gli asparagi eliminando la parte bianca e dura, tagliateli a pezzi di 1 cm e versateli in una padella in cui avrete sciolto 30 gr di burro, insaporite con sale e lasciate cuocere a fuoco lento per 25 minuti circa, unendo la panna a metà cottura.
Cuocete il riso nel brodo, incorporandovi il parmigiano grattugiato a fine cottura, disponete analogamente amalgamandoli il riso cotto e gli asparagi negli stampini di alluminio monouso dalla forma ricordante gli stampi del budino, pressare il tutto delicatamente e passare in forno moderatamente caldo per 50 minuti, a fine cottura rovesciare il contenuto degli stampi su un piatto e versatevi il balsamico sulla sommità immediatamente prima di servire.

2) Gnocchetti di zucca con aceto balsamico
(per 4 persone)
400 gr di zucca pulita,
150 gr di farina,
100 gr di burro,
150 gr di parmigiano reggiano,
2 uova,
q.b. noce moscata,
q.b. sale,
20 gr aceto balsamico tradizionale
Tagliate la zucca a pezzetti e lessatela in acqua leggermente salata, passarla al setaccio o al passaverdura e porla su di un tagliere insieme alla farina e a un pizzico di sale.
Aggiungetevi i torli delle uova, la metà del parmigiano ed un pizzico di noce moscata; lavorate gli ingredienti in modo da ottenere un impasto soffice.
Tirate la pasta e formate tanti bastoncini del diametro di circa 2 cm, tagliarli in pezzetti di circa un centimetro e schiacciarli leggermente con una forchetta.
Cuocere poi gli gnocchi in acqua bollente leggermente salata, pochi per volta estraendoli delicatamente con un mestolo forato poco dopo che saranno venuti a galla; saltarli in una padella, lontana da fonti di calore, in cui avevamo precedentemente sciolto il burro e a cui aggiungeremo il parmigiano grattugiato e una parte di aceto balsamico, impiattare e servire aggiungendo il restante aceto a gocce.

3) Frittata al balsamico
(per 4 persone)
6 uova,
2 cipolle di troppa medie,
80 gr di parmigiano reggiano grattugiato,
q.b. olio di mais,
q.b. prezzemolo,
q.b. sale,
20 gr d aceto balsamico tradizionale.
Dorate in una padella con un po’ d’olio le cipolle tagliate a fettine; in una ciotola sbattere per bene le uova, unendo il parmigiano, il prezzemolo ed il sale. Scolate bene dall’olio la cipolla e unitela alle uova sbattute mescolando il tutto; versare l’amalgama in una padella con un poco d’olio già bollente.
La cottura sarà veloce, girate la frittata per ottenere la doratura di entrambi i lati, togliere dal fuoco e servire dopo averla cosparsa di aceto balsamico.

4) Cotechino e zampetto con aceto balsamico
(per 4 persone)
1 cotechino di media grandezza non precotto,
1 zampetto di maiale,
1 gambo di sedano,
1 carota,
1 cipolla,
q.b. sale,
20 gr di aceto balsamico tradizionale
Bucare finemente il cotechino con una forchetta, avvolgerlo in una garza bagnata, legandolo alle estremità e lasciandolo a bagno qualche ora prima di iniziare la cottura in una pentola ad ebollizione lentissima per circa 2 ore.
Bollire a parte lo zampetto di maiale in una diversa pentola con le verdure e q.b. di sale, per circa tre ore.
Servire poi il tutto ben caldo, dopo aver tagliato a fette il cotechino e diviso lo zampetto bagnando il tutto con l’aceto balsamico.

5) Parmigiano reggiano e aceto balsamico
procurarsi del buon parmigiano reggiano, stagionato 36 mesi, farne delle scaglie di forma irregolare con un coltello da forma (goccia),
impregnarlo generosamente di aceto balsamico del primo barile stravecchio di oltre 25 anni.
Si dice che questo sia il miglior sodalizio dato con altri sapori dall’aceto balsamico.

6) Fragole al balsamico
mondare e lavare le fragole, si prestano bene sia le fragoline di bosco che le fragole comuni, se usiamo queste ultime sarebbe preferibile tagliarle a spicchi, zuccherare a piacere ed unire il balsamico denso tolto dal barile, mescolare scuotendo un recipiente chiuso. Servire nella tazzina eventualmente guarnendo con panna montata.

7) Gelato al balsamico
Servire il gelato alla crema, preferibilmente artigianale, in coppa di vetro, irrorando la sommità con il balsamico stravecchio oltre 25 anni.

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