giovedì 1 luglio 2010

storia della nascita e dell’evoluzione della pratica culinaria come disciplina - età contemporanea

Con la fine del conflitto mondiale la cucina europea era distrutta: poco cibo disponibile, per lo più razionato, non consentiva grandi attività culinarie e la ripresa gastronomica, così come quella economica dovette aspettare gli anni ’60. Il boom economico successivo, portò in ogni casa il frigorifero, il forno e gli elettrodomestici che, nella gastronomia familiare come in quella ristorativa, costituirono un enorme evoluzione. L’emancipazione femminile ha estromesso la donna dallo stereotipo che la vedeva impegnata solo nelle attività casalinghe –prima tra tutte la cucina.
Per questo anche il modo di cucinare ha seguito una naturale evoluzione alla semplificazione ed alla velocità di trasformazione. Sono oggi più che mai in uso cotture veloci in padella o ai ferri di sottili fettine di carne o bassi e battuti petti di pollo. Dal punto di vista dell’editoria culinaria si assiste ad un fenomeno parallelo: sono proposti ricettari facili, semplici e veloci, con un occhio sempre più attento all’apporto calorico e alla dietetica di ciò che si mangia.
Negli ultimi decenni, dopo che la fame per la prima volta nella storia è stata praticamente debellata in ogni angolo della penisola, si manifestano spinte e correnti di pensiero verso la ricerca di migliori equilibri gastronomici, se pur con evidenti e stridenti contraddizioni. Si può dire che, ora che è “a stomaco pieno”, l’uomo, abbia definitivamente conquistato la coscienza del cibo come materia, e che ne ricerchi un’evoluzione che si manifesta appunto nella rappresentazione artistica ed estetica, che possa veicolare attraverso se stessa una fruizione più profonda che esprima un messaggio e la cultura intrinseca alla pietanza.
Il regime alimentare è ora più variato e più sano: sono introdotti nutrienti più importanti –maggiori proteine o vitamine- e tecniche di conservazione come la pastorizzazione, che permettono di far diminuire sensibilmente le intossicazioni alimentari. Queste tendenze culminano nel corso del secolo quando Escoffier mette nero su bianco, nel suo “Guida Culinaria”, le sue ricerche dei gusti naturali e peculiari ad ogni alimento, i grandi cuochi sono sempre più numerosi e i libri di cucina si moltiplicano. Col passare degli anni i gusti si semplificano e si affinano. I gourmet ricercano armonia di sapori e opposizione nei vari piani di trextures nel piatto. Sono alla ricerca, come nel passato, della sorpresa nel gusto e richiedono agli chef più inventiva e più rispetto nell’uso della materia prima. Le donne di casa possono realizzare a casa propria le ricette dei più grandi cuochi, perché la maggior parte di loro firma libri di cucina con processi di produzione ben spiegati ed illustrati.
Dalla fine degli anni ’50 la cucina italiana è stata riconosciuta, a livello internazionale, come cucina “mediterranea”, con l’esaltazione dei carboidrati tipica della nostra cultura –pane, pasta, riso-, del pesce di mare, degli ortaggi e della frutta, del formaggio e dell’olio d’oliva. Una cucina che ricorre con assai meno frequenza del passato alle carni rosse e alla selvaggina.
Fra i personaggi che hanno contribuito al rinnovo della cucina italiana, alcuni anche prima che soffiasse anche in Italia il vento della Nouvelle Cousine, vanno ricordati Giuseppe Cipriani, Alfredo Beltrame, Giuseppe Maffioli, Gualtiero Marchesi, e quei ristoratori che nel corso degli anni hanno ricevuto ampio riconoscimento internazionale per il determinante impegno sulla strada del rinnovamento e del rilancio della cucina italiana, sulla scia della più radicata tradizione, opportunamente rivista e, la dove necessario, messa in discussione e rielaborata.
Nel 1973, in Francia, nasce la Nouvelle Cuisine, per merito dei critici H. Gault e C. Millau. Essa è nata per impulso di cuochi formatisi sotto la scuola di grandi chef –che padroneggiavano e conoscevano, per questo, estremamente bene tecniche e ricette della vecchia tradizione- che hanno abbandonato la strada già tracciata dai maestri per percorrere canali diversi per praticare fino in fondo, sentitamente, la loro arte. la Nouvelle Cuisine ha beneficiato dei legami che si sono stabiliti fra la nuova guida –i grandi chef innovatori- ed una nuova clientela, costituita da uomini d’affari. Proprio questa clientela ha giocato un ruolo fondamentale nella definizione di una nuova gastronomia, nell’apportare carburante a questo meccanismo di cambiamento –sicuramente oggi, a più di un trentennio dall’inizio di questi eventi, si può dire che si trattò addirittura di una rivoluzione del pensare, del proporre e di vivere il mondo della cucina- e ha così contribuito a fare affermare lo status sociale dei grandi chef.
Questa nuova filosofia della cucina ha il merito, dagli anni ’70 in avanti, d’aver influenzato la cucina delle case borghesi nell’alleggerimento dei pasti e, più in generale l’alta gastronomia e l’arte culinaria del mondo intero.
La formula rivoluzionaria proposta da Gault e Millau nella “Nouvelle Cuisine”, costituisce una moda ed attira l’attenzione dei giovani chef degli alti circuiti ristorativi di quegli anni. Paul Bocuse, Roger Vergè, Alain Senderens, i fratelli Troisgros, Alain Chapel puntavano ad abbattere i dogmi dell’alta cucina, che proprio in funzione di questi si vedeva limitata ad un numero ristretto di preparazioni. Altro punto fondamentale era l’eliminazione dell’allestimento e della complicata e metodica costruzione del piatto che comportava la preparazione anticipata di salse e creme che venivano riscaldati al momento del servizio per essere montati con la vivanda a creare il piatto. La loro filosofia era quella di lavorare con prodotti appena acquistati e da loro stessi scelti al mercato poche ore prima di servirli. Ricercavano la leggerezza, per questo eliminarono salse e fondi a base di farina sostituendole con salse fresche a base di erbe aromatiche e succhi di verdure. Introdussero, tra le altre cose, piccoli bastoncini di verdure fresche e adattarono il menù in funzione della stagione e dei prodotti stagionali, più belli e più freschi, che si trovavano di giorno in giorno sui banchi dei mercati. L’uso delle spezie era drasticamente decimato, e con la finalità di esaltare il gusto dei cibi e non per il valore intrinseco delle stesse. Anche le tecnologie furono in questo periodo notevolmente migliorate ed innovate; si introdussero nelle cucine nuovi utensili come il mixer, la sorbettiera, il frigorifero, le pentole antiaderenti, i forni a microonde. Sotto l’influenza dei dietologi, gli chef illuminati e stimolati da un movimento molto più grande da quello che allora, nella fugacità del momento, non si potesse ancora ben comprendere, sperimentarono e preferirono cotture a vapore, a bagnomaria, al grill. Ciò dimostra come, anche sotto l’aspetto delle tecniche applicate, questa corrente di pensiero portasse ad “alleggerire” e a “salvaguardare la naturalità”; il “buono”, il “sapore” è già peculiarmente presente nella natura del prodotto e non vi è la necessita di “costruirlo” con abbinamenti pesanti, grassi e artificialmente sollecitati da lunghe e lunghe cotture.
Anche dal punto di vista nutrizionale, quindi, si cercava di rispettare la natura, di proporre le pietanze con il miglior sapore che esse potessero esprimere ma ugualmente trasformandole e rispettandole il più possibile. Con questi tipi di cotture si rispettava il più possibile la composizione chimico-fisica e organolettica dell’alimento. Non si aveva così una modificazione nel gusto degli alimenti, non avendo la modificazione di proteine, vitamine e sali in esso presenti.
Ritroviamo nella Nouvelle Cuisine il seme di partenza da cui si sviluppa la direzione, nel senso dell’arte, che muove la cucina a tuttoggi; ergo, anche il senso e lo scopo di questo elaborato si può dire che lo si possa velatamente cercare in esso. Questa scuola, infatti, aveva la prerogativa –nel periodo storico in cui si sviluppa, rivoluzionaria e innovativa- di riuscire a stimolare ognuno dei cinque sensi ed in particolare la vista. Privilegiò dare importanza all’alimento e minimizzare la composizione del piatto con guarniture superflue.
Molti chef acquistarono notorietà ed una posizione economica importante grazie al boom economico degli anni ’60 e ’70, divenendo dei veri uomini d’affari e aprendo sontuosi ristoranti.
Paul Bocuse fu il primo a diffondere questa cucina all’estero riportando un gran successo.
A causa di un certo numero di chef, meno formati o dotati, che praticavano la Nouvelle Cuisine, ma senza rispettarne il pensiero e le regole, vi fu un abbassamento della qualità che fini con l’alimentare la discussione da parte dei detrattori che stigmatizzavano le minuscole porzioni contrapposte a piatti smisurati.
L’imitazione divenne plagio e si sviluppò un’industria che tentò di commercializzare un concetto, che proprio perché era un concetto, un interpretazione di pensiero o un’arte, non era materia fatta per il mercato e per la produzione industriale. Per questo, innovatori come Bocuse vollero affermare il loro ritorno ai valori di August Escoffier.
Detto ciò, negli anni ’80, “Nouvelle Cuisine” assunse una connotazione peggiorativa.
Al di là dell’eredità controversa, è innegabile che molte dei dogmi ad essa riconducibili siano ormai principi cardine e comuni nella cucina internazionale: i prodotti debbono essere freschi e di qualità, tempi di cottura brevi e precisi, salse leggere, estetica della preparazione è altrettanto importante rispetto a sapore e leggerezza dei cibi.


Grazie alla facilità di adattamento del popolo italiano, cuochi e ristoratori emigrati nel corso del secolo scorso in Germina, Inghilterra, nelle due Americhe, in Giappone come in Australia ed altrove, le nostre specialità gastronomiche sono diventate leccornie ampiamente esaltate e pubblicizzate da gastronomi e stampa di tutto il mondo, con la conseguenza del ruolo perno che il cibo e la gastronomia hanno oggi nell’economia, nella società e nell’immagine del nostro Paese.
In Italia la “nuova cucina” si considera fondata da Gualtiero Marchesi. Riconosciuto come lo chef nazionale più noto sul panorama mondiale ha contribuito alla divulgazione della cucina, quindi della cultura, italiana nel mondo. E’ stato il primo cuoco in Italia ad ottenere le tre stelle della Guida Michelin. E’ inoltre rettore della Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA di Colorno (Parma).


La fine del XX° secolo ha presentato piatti nei quali guadagnano importanza la qualità e la raffinatezza, la cucina è sempre più spesso ricerca artistica, vengono creati menù di degustazione e si cura il design della pietanza, ma notevole studio è stato fatto anche per il design di piatti –che hanno la funzione di “cornici dell’opera”- ed oggetti che arricchiscono la tavola.



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